Chi mi conosce meglio non sarà sorpreso dalla lettura del titolo.
Le convizioni personali, talvolta, devono lasciare il posto alle disposizioni. Il giornalista non è sempre concorde con le linee editoriali stabilite ma ha il dovere di assecondarle, purché si resti entro i limiti del consentito.
In Italia non è illegale scrivere articoli relativi a vincite conseguite al gioco e peraltro la deontologia professionale non disciplina espressamente un divieto specifico. Trovo giusto che sia la discrezione dei singoli direttori responsabili (soprattutto nei casi in cui essi svolgano realmente la funzione non consentendo agli editori di sostituirsi loro, di fatto, in tutto e per tutto) a definire i contorni di ciò che si ritiene opportuno pubblicare.
Girarci intorno avrebbe poco senso: una fetta consistente dei ricavi pubblicitari relativi ai media (specie quelli on line) è rappresentata dagli investimenti compiuti dalle società che gestiscono scommesse e giochi. Le ultime rivelazioni hanno riportato al centro il tema della ludopatia e dimostrato che la questione riguarda anche le fasce più giovani della popolazione, abituate fin da subito ad entrare nei meccanismi del gioco con il malcelato intento di “allevare” nuovi futuri scommettitori. Non sarà certo un articolo in più o in meno a scongiurare il pericolo di una diffusione di comportamenti compulsivi come non basterà che un solo giornalista decida di evitare la pubblicazione di notizie che si scrivono in un minuto e regalano clic facili frutto della curiosità degli utenti. Trovo veramente stucchevole, per di più in un momento del genere, che nell’ambito territoriale si faccia fin troppa attenzione alle vincite nei giochi, persino da poche migliaia di euro o in alcuni casi di centinaia di euro, per alzare il contatore delle visualizzazioni. Il giornalismo di prossimità è in crisi nera in tutta Italia per una serie di ragioni che mi premurerò di analizzare qui ma se crediamo di poterlo risollevare scansando una seria trattazione dei temi più caldi (quelli che disturbano il potere) per preferire i pezzi “cotti e mangiati” sui 5 al Superenalotto allora abbiamo deciso di impoverire ancora di più un’offerta già carente. Pensiamo di potercelo veramente permettere?