C’è stato un tempo, non molto lontano, nel quale Bisceglie era finita sotto la “morsa” di premi e riconoscimenti. Eventi che non sempre, è doveroso rimarcarlo, rispondevano all’esigenza di mettere in risalto particolari capacità e meriti, organizzati talvolta allo scopo di ingraziarsi favori e buoni uffici da parte dei premiati. Ho sempre massacrato senza alcuna pietà le iniziative promosse in modo sconclusionato e spudorato: a maggior ragione mi sia concesso rilevare quelle situazioni in cui risultano evidenti la ricerca di un minimo di senso logico e la buona fede di chi ci prova.


Non conosco personalmente Luigi Palmiotti, storico presidente della sezione biscegliese dell’Archeoclub: non ho mai parlato con lui, non credo sappia nemmeno che esisto ma non è certo questo il punto. È molto semplice dedurre come un uomo con le sue qualità e i suoi titoli accademici non abbia bisogno di nulla e che l’indiviabile tenacia con la quale ha messo in piedi un premio intitolato al dimenticatissimo flautista Sergio Nigri, giunto alla dodicesima edizione, valga da sola tutto il nostro rispetto. L’Archeoclub, adesso, pare una realtà un pizzico più reattiva e il dinamismo, in un contesto nel quale spesso le cose si vengono a sapere dopo, ritengo vada incoraggiato. L’età media di coloro che hanno ricevuto il riconoscimento è ancora troppo elevata per i miei severi standard così come quella dei partecipanti alla serata di premiazione, che si è svolta nell’auditorium di Universo Salute.

Giovedì 26 ottobre si terrà, invece, un salotto letterario nella Torre Normanna e già questa è un’ottima notizia perché consente ai biscegliesi di ricordare dell’esistenza di quel luogo: spetterà ai cari Nicola Ambrosino e Natale Di Leo allietare il pubblico a partire dalle ore 18 con letture poetiche e in vernacolo. È un tentativo mirabile di aprirsi all’esterno e di fare cultura. Sui social dell’Archeoclub di Bisceglie si fa riferimento al “primo di tanti appuntamenti” e non si può che restarne compiaciuti. Manca, al momento, ciò che frena quasi tutte le realtà associative del territorio: la capacità di rendere gli eventi il meno possibile autoreferenziali e quanto più utili a diffondere conoscenze, stimolare dibattiti, favorire confronti. Come? Sono gli uomini e le donne a portare con sé le idee e fin quando il cerchio delle persone (tutte rispettabili, sia chiaro) impegnate nell’associazionismo resterà ristretto qualsiasi autentico ricambio generazionale sarà impossibile. Nessuna associazione culturale – sottolineo: nessuna – ha finora compiuto quel passo decisivo per sfondare il muro di diffidenza di una parte potenzialmente attiva della comunità che si sente sottoutilizzata e poco considerata. Chiunque dovesse cogliere questa possibilità ne ricaverebbe enormi benefici.