Voglio essere chiaro: a me Patrick Zaki sta tutto fuorché simpatico. Per quanto l’incredibile vicenda umana e la scandalosa prigionia alla quale è stato sottoposto mi facciano incazzare e sotto quel punto di vista io sia completamente dalla sua parte, non riesco davvero ad andare oltre la soddisfazione di saperlo finalmente libero.
Credo, in tutta sincerità, che abbia già avviato il suo tour pre-elettorale in vista delle prossime Europee e lo immagino candidato per il Partito Democratico o al massimo per l’alleanza Verdi-Sinistra Italiana. Tutto ciò, onestamente, non lo ritengo un problema e bene fa Zaki a cercare di cavalcare l’onda favorevole capitalizzando il momento.

Non comprendo, però, la valanga di insulti che gli è piovuta via social da parte degli utenti biscegliesi fra i commenti alla notizia della sua partecipazione ad un evento opportunamente organizzato dall’associazione Borgo Antico in sinergia con Amnesty International. Zaki sarà al Teatro Politeama domenica 12 novembre per una conversazione incentrata sul volume “Sogni e illusioni di libertà – La mia storia”, che naturalmente non ha scritto lui (ma non è questo il punto). Molto probabilmente non assisterò all’evento a meno di necessità professionali e al netto di altri impegni.

Non capisco, veramente, per quale dannato motivo così tante persone sentano l’esigenza di insultare il 32enne Zaki, che ha discusso la tesi di laurea con l’Università di Bologna lo scorso 5 luglio in collegamento video da Il Cairo e non parla italiano. Ritenendo la libertà un valore assoluto, mi permetto di dissentire rispetto a certe espressioni di inutile livore. Zaki non mi piace e probabilmente non mi piacerà mai (pur se le sue affermazioni sulla Palestina dal mio punto di vista gli rendono onore), non voterei certo per lui ma il meccanismo psicologico che porta la gente a proferire offese di ogni tipo nei suoi confronti per me non c’entra nulla con la libertà di espressione.

Chi non è interessato ad ascoltarlo può semplicemente astenersi dal farlo. Chi non condivide le sue opinioni ha la possibilità di motivare il modo in cui la pensa senza dovergliene scrivere e dire di tutti colori. Chi lo ritiene un simbolo dell’attivismo per i diritti umani farà bene a prendere posto al Politeama (che si preannuncia esaurito) e se crede potrà votarlo nel caso in cui dovesse effettivamente candidarsi alle Europee. Termini come “nullità”, “mondezza”, “fetente”, “inquietante”, utilizzati nei suoi riguardi sono esagerati e fuori luogo. Patrick Zaki sia il benvenuto a Bisceglie e riceva la rispettosa accoglienza che merita, senza inutili deliri social.

L’unico auspicio che sento di rivolgere in vista della presenza biscegliese di Zaki è in favore della ricerca della verità sul caso di Giulio Regeni. Su questo spero che la base di concordia sia la più larga possibile e, soprattutto, che l’ospite si esprima.