Gli amici che mi rimproverano di scrivere troppo poco di basket sul web, a fronte dell’intenso lavoro quotidiano e delle tante belle chiacchierate, hanno ragione soprattutto quando confrontano la mia “timidezza” ad un quadro generale ben differente.
È sotto gli occhi del pubblico, e non solo degli addetti ai lavori, il recente proliferare di presunti autoproclamati esperti che pur non essendo giornalisti, e nonostante non abbiano mai giocato né allenato né avuto ruoli dirigenziali, si reputano evidentemente capaci di valutare l’operato di gente, come alcuni allenatori, con 25-30 anni di carriera e diversi successi alle spalle. È l’aspetto più tremendo, dal mio modesto punto di vista, del tracollo generale dell’informazione legata alla palla a spicchi. Lo sport più bello del mondo, qui in Italia, ha smarrito i pochi riferimenti certi nell’ambito della comunicazione e troppo spesso, in assenza di un sano ricambio generazionale, capita di imbattersi in ragazzi la cui buona volontà e il tanto tempo libero non possono giustificare incapacità evidenti e svarioni colossali. Un mix terrificante alimentato dalla ridotta “concorrenza”, dalla clamorosa presunzione di certi soggetti (disposti a qualsiasi cosa, anche a farlo gratis, pur di “lavorare” in ambiti di rilievo) e da un buonismo di facciata che sparisce nei colloqui privati.

Fatta questa lunga ma doverosa premessa, è giusto concentrarsi sulle modalità da seguire allo scopo di portare un piccolo contributo al miglioramento nella qualità dell’informazione cestistica. Userò questo spazio web e mi auguro di poter in qualche modo servire alla funzione.
Ho lanciato qualche settimana fa, sulla base delle evidenze emerse nelle partite delle prime giornate, il tema dell’introduzione del triplo arbitraggio anche nel campionato di Serie B Nazionale. Ne ho parlato nella copertina della sesta puntata di InVito a canestro lo scorso 7 novembre, illustrando le ragioni di chi come me sostiene la necessità di ricorrere a questa novità il più presto possibile. Ho appreso dell’esistenza di una richiesta formale che circolerebbe fra le società del terzo livello cestistico italiano al fine di ottenere un numero consistente di sottoscrizioni.

LINK – La copertina di InVito a canestro del 7 novembre

Non ho idea di quale piega possa prendere la vicenda nel prossimo futuro.

Un altro argomento che immagino piuttosto interessante è l’accentuata incidenza del tiro da tre punti sul gioco anche nelle principali competizioni nazionali maschili. Una chiave di volta sempre più frequente nelle letture dell’andamento e nell’analisi degli incontri attraverso le statistiche è rappresentata dalle percentuali dall’arco dei 6.75; fare canestro da fuori è divenuto basilare con il trascorrere del tempo e l’impressione di un “abuso calcolato” diventa netta. Mi riferisco allo scarso utilizzo del post che sembra portare alla graduale “fusione” dei ruoli di ala forte e centro tanto da poter parlare, già in fase di costruzione delle squadre, di una smaccata “rinuncia” a qualsiasi situazione preveda la ricezione del pallone di spalle al canestro. L’insegnamento di alcuni fondamentali sta finendo in soffitta e temo che soltanto un ulteriore arretramento in ambito Fiba del tiro da tre almeno a 7.25 metri potrà evitare la scomparsa definitiva del palleggio arresto e tiro, “creatura” già semisconosciuta e bistrattata oggi. Quanto alla scarse differenze in termini di organizzazione del gioco riscontrate nei principali campionati, ha preso il sopravvento la tendenza a privilegiare sistemi nei quali il “libero arbitrio” degli interpreti è facilmente sovrapponibile (o confondibile) con l’impossibilità di eseguire in attacco a causa della ridotta versatilità tattica dei giocatori. L’atletismo ha soppiantato la capacità di lettura delle situazioni al punto che un grande saltatore o corridore può stare in campo benché non sia in grado di giocare senza palla (i moderni dicono “spaziarsi” ma a me non piace), portare un blocco nei tempi opportuni e con l’angolo giusto, “leggere” una doppia uscita… Il basket è cambiato, si trasforma di continuo e questo non è per forza un male. L’auspicio di chi se ne è innamorato in tempi andati è che la componente cerebrale, l’astuzia, la scaltrezza, l’intelligenza continuino a giocare un ruolo nell’evoluzione futura della disciplina.