L’episodio “merita” di essere raccontato perché riassume tutta una serie di eventi analoghi che talvolta credo accadano solo ai giornalisti, anche se so perfettamente che non è così…
Estate, se non ricordo male agosto, sicuramente di pomeriggio. Sono con un altro giornalista all’interno di un bar-pasticceria: ci dirigiamo verso l’uscita per proseguire la conversazione e, una volta lasciatici alle spalle la porta mi passa davanti un uomo, intorno alla cinquantina. Un volto a me completamente sconosciuto.
Si ferma a due passi e, senza salutare, pronuncia poche parole, guardandomi e quindi immagino rivolte a me: «Quando scrivi un articolo puoi anche chiamare. Il mio numero ce l’hai». E fila via in mezzo secondo netto senza aggiungere altro. Il collega, non biscegliese, mi fa: «Ma chi è?». E io di rimando: «Boh».
Credo che questo sia stato, in assoluto, l’incontro dell’anno. Ho cercato di fare mente locale su chi potesse essere la persona incrociata all’esterno di quel bar al punto da andare a riprendere il lavoro compiuto nei giorni precedenti ma poi, oggettivamente, ha prevalso il dubbio che si potesse trattare di un pezzo risalente a molto tempo addietro se non addirittura (come capita spesso) di qualcuno che ha sbagliato destinatario della “lamentela”: non sono rari i casi in cui mi è stato chiesto di correggere o addirittura rimuovere notizie mai pubblicate dagli organi di informazione per i quali lavoravo, come se io fossi nelle condizioni di controllare in qualche modo l’operato di altri colleghi.
L’enigma, molto probabilmente, rimarrà irrisolto ma non è certo la prima volta che mi capita di essere avvicinato da persone convinte di essere riconosciute all’istante ma che io non ricordo di aver mai visto in vita mia. E infatti è successo di nuovo pochi giorni prima di Natale, tanto da alimentare i sospetti (legittimi) di un mio graduale rincoglionimento precoce…