«Mi spiegate cos’ha questo di italiano?»
«Non ha neanche il cognome italiano, ma di che stiamo parlando?»
«Per me è più italiano Balotelli residente in Italia che non Sinner (madrelingua tedesca e a pochi metri dall’Austria) con residenza a Montecarlo»

È ufficiale: non sappiamo goderci neppure i grandi trionfi, i doni del destino, i campioni che possono e devono essere da esempio e formazione per le nuove generazioni.
Jannik Sinner è una benedizione dal cielo per lo sport di questo Paese malato e disgustosamente privo di valori. È il contrappasso più clamoroso per una nazione nella quale ci si prende ancora a botte sugli spalti e sui campi nelle partitelle dei bambini. È l’antidoto più dolce alla malsana abitudine dell’offesa sui social, all’inutile fanfara dei tormentoni, delle discussioni, delle polemiche.
Sinner è l’italiano che dovrebbe essere ciascuno di noi: l’evoluzione perfetta dello spirito indomito, del senso del dovere, della capacità di far fatica e soffrire per realizzare i propri sogni.
Sinner come Pietro Mennea: fuori dagli standard caserecci di un “giornalismo” peracottaro, concentrato sul suo lavoro, avulso al chiacchiericcio, distante anni luce dal gossip.
Un campione del genere non ce lo meritiamo ma se riuscissimo a comprenderne a fondo le ragioni del successo forse saremmo in grado, poco alla volta, di civilizzare e modernizzare la nostra visione dello sport. E della vita. Chi lo offende, in realtà, gli invidia la perseveranza e la meticolosità. Chi lo sta esaltando se ne ricordi alla prossima occasione in cui avrà la tentazione di andare a contribuire, sui social, al demente gioco al massacro su cose che non farebbero mai “discutere” qualsiasi altro popolo al mondo.