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I riflettori si sono spenti e un’altra edizione della Coppa Italia targata Lega Nazionale Pallacanestro è andata in archivio. Fra sabato 16 e domenica 17 marzo, sulle tavole del riqualificato (e ritrovato) PalaTiziano di Roma, si è celebrato il rito dell’assegnazione dei trofei riservati alle compagini di Serie A2 e B Nazionale. Una competizione accompagnata dalle puntuali scaramanzie a posteriori di tifosi, dirigenti, giocatori e allenatori delle squadre che non la vincono sulla presunta maledizione secondo la quale aggiudicarsi la Coppa significherebbe “condannarsi” a non conquistare la promozione nella categoria superiore. Le statistiche, ad onor del vero, supportano questa tesi ma forse bisognerebbe considerare anche l’ampio divario temporale fra il momento nel quale ci si qualifica per la Final Four (il termine del girone d’andata: metà gennaio), l’effettivo svolgimento della manifestazione (metà marzo) e le settimane decisive dei playoff (fine maggio).

Foto E.Castoria / Ciamillo-Castoria / LNP foto

Dunque, Roma. La scelta di Lnp non fa una grinza: è stato giusto cogliere l’opportunità di portare un avvenimento cestistico di respiro nazionale nella capitale, specialmente in un impianto affascinante riattivato per l’occasione. La posizione centrale della sede individuata, inoltre, ha fugato qualsiasi potenziale incertezza sul clamoroso ed inesorabile arretramento della pallacanestro al sud. I dirigenti di società, gli allenatori di club, i giornalisti accreditati dalle regioni dell’Italia meridionale si sono potuti contare sulle dita di due mani: non c’era nessun collega dalla Sicilia malgrado il “fenomeno” Trapani e gli oltre 500 tifosi al seguito; il sottoscritto e Luca Ferrante eravamo gli unici rappresentanti di testate (Telesveva e Quotidiano di Puglia) al di sotto di Roma insieme a Marco Rapone de “Il centro” (presente per Roseto ma solo al sabato). Il preoccupante e perdurante vuoto informativo sulle vicende della palla a spicchi di una parte significativa di questo Paese dovrebbe fare seriamente riflettere. E invece non sembra importare più di tanto. Ci toccherà fare qualcosa di notevole per invertire la rotta. Rincuora essere stati testimoni diretti di una delle prime apparizioni ufficiali di Margaret Gonnella nel nuovo (e meritatissimo) ruolo di vicepresidente Fip. Eccola durante la premiazione di Matteo Fantinelli della Fortitudo Bologna, finalista sconfitta della Coppa di A2. (LNP Foto/Ciamillo-Castoria)

Le incognite e le perplessità della vigilia su logistica e ordine pubblico, in tutta sincerità, ritengo siano state superate da un’organizzazione in continuo miglioramento. La gestione dei flussi di tifoserie animate da forti e storiche rivalità è stata piuttosto positiva, al netto di qualche battibecco isolato, peraltro subito sedato dalla Polizia. La struttura è stata raggiunta da un numero soddisfacente di sostenitori delle varie protagoniste anche se gli incastri degli orari delle partite non hanno mai consentito di mettere in evidenza un impianto realmente gremito nonostante il sold out tecnico, in quanto i posti sono stati venduti per l’intera giornata di gare anziché per il singolo match. Non sono mancate le polemiche in merito all’assegnazione degli accessi al PalaTiziano per gli agenti sportivi (i procuratori).

Il mio mvp? Era in campo con la squadra speciale del Cia, il comitato italiano arbitri. Si chiama Vincenzo Agnese, è di Barano d’Ischia, ha 29 anni, giornalista di professione e ha diretto la finale di Serie B Nazionale tra Herons Montecatini e Libertas Livorno dimostrando ancora una volta tutte le qualità che mi piacerebbe ritrovare in un arbitro: personalità forte ma non prevaricatrice, eccellente atletismo, perfetto controllo dell’emotività, un metro di valutazione chiaro e lineare, capacità di smussare gli angoli negli scambi con giocatori e allenatori. Ben supportato da Daniele Gai di Roma, Agnese ha confermato di valere il salto di categoria. Scrivo queste righe poche ore dopo la significativa decisione del comitato regionale Fip Campania di sospendere il campionato di Serie D a causa delle aggressioni subite da alcuni arbitri, finiti addirittura al pronto soccorso. Un gesto forte, quello compiuto dal presidente Antonio Caliendo, che si spera torni utile nel formare approcci ben differenti al mondo arbitrale.

L’arbitro Vincenzo Agnese durante la finale Fabo Herons Montecatini-Akern Libertas Livorno (Foto E.Castoria / Ciamillo-Castoria / LNP foto)

Le mie “impressioni di metà marzo” rispetto a quanto lasciato sul parquet nelle due giornate potrebbero apparire ripetitive a quegli appassionati che da sabato in poi hanno seguito, visto, letto, ascoltato le argomentazioni dei vari commentatori. Non sarò qui a snocciolare dati che peraltro, nel caso specifico della netta sconfitta di Ruvo nella semifinale con la Libertas Livorno, ho già utilizzato nel consuntivo sulle colonne del Quotidiano di Puglia di mercoledì.

Gli appunti sparsi sulla Final Four di A2 non possono prescindere da una sottolineatura sul caso Trapani. Il proprietario Valerio Antonini ha esonerato Daniele Parente in seguito alla batosta rimediata sabato in semifinale dalla Fortitudo Bologna: un -32 senza appello. Ora, cacciare via un tecnico il 16 marzo fa già notizia di per sé, soprattutto calcolando l’esigenza, per chiunque gli subentri, di conoscere la squadra ed inserirsi un minimo nell’ambiente. La panchina saltata, però, è quella della formazione in testa al girone verde di A2, con un eccellente bilancio di 24 vittorie e due sole sconfitte in campionato e che ha già messo in bacheca la Supercoppa a fine settembre scorso. «Ma come cazzo si fa?» è stata la frase più gettonata del lunedì cestistico italiano.
Antonini intanto ha scelto e presentato il successore, Andrea Diana, provando a descrivere (un po’ goffamente) il kappaò in Coppa come la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso della gestione Parente, evidentemente sciagurata… Mah.
Sabato sera, una volta rientrato in camera, ho letto i primi boatos ma confesso di non aver avuto il coraggio di dire al buon Luca Ferrante che per un attimo ho collegato all’affaire Trapani la presenza sugli spalti di un noto esponente politico bolognese immaginandolo, in perfetto stile democristiano, un candidato ideale ad assumere l’onere e l’onore di condurre la formazione granata: un uomo buono per tutte le stagioni. Del resto, per gli squali trapanesi (Sharks), chi meglio di un rappresentante della balena bianca come lui?

Pierferdinando Casini (Foto M.Ceretti / Ciamillo-Castoria / LNP foto)

Pillole, sempre dalla Coppa di A2. Fortitudo Bologna spuntata senza Aradori in finale e depotenziata dall’infortunio di Freeman. Un piacere rivedere Alberto Conti, ex CJ Taranto e figlio dell’attuale coach di Ozzano, gettato nella mischia domenica addirittura in quintetto da quel grande allenatore che è Attilio Caja. Un ex Bisceglie fra le quattro partecipanti alla Final Four: Luigi Sergio della Fortitudo, peraltro impiegato per alcuni minuti in semifinale. Antimo Martino ha fatto innamorare perdutamente i tifosi forlivesi e guida il suo gruppo con una naturalezza che lascia per certi versi sbigottiti: bravissimo! Applausi per Allen, che ha stretto i denti nonostante i guai muscolari, e Zampini che ha conquistato il trofeo di Mvp. Bella e meritata soddisfazione per Maurizio Tassone, ex Molfetta che ha alzato la Coppa. Finiti gli aggettivi per Daniele Cinciarini che curiosamente si è preso la scena un paio d’ore dopo il tiro libero decisivo e la corsa fra il pubblico pesarese di suo fratello Andrea in seguito alla vittoria pesantissima sulla Virtus Bologna. Cantù mi ha deluso e non solo per gli appena 59 punti segnati contro Forlì. Mi aspettavo di più, in particolare, dall’ex azzurro Burns.

(Foto A.Gilardi/ Ciamillo-Castoria / LNP foto)

Siamo agli appunti sparsi sulle due semifinali e la finale di B Nazionale con una premessa doverosa: proiettare gli spunti emersi in due partite ravvicinate a distanza di 24 ore (o, peggio, di un solo incontro) sui playoff, molto più lunghi, complessi e caratterizzati da diverse variabili, sarebbe un grossolano errore. Questo, ovviamente, vale anche per le protagoniste di A2. L’oggettiva preoccupazione per la batosta rimediata da Ruvo, perciò, riguarda l’impatto devastante del quintetto di partenza con la partita e l’eccessiva facilità con cui la Libertas Livorno ha assunto il controllo. Se il talento non è mai un’opinione allora, con analoga franchezza, è necessario ammettere come nemmeno la carta d’identità lo sia. Federico Campanella ha in organico 9 giocatori (nove!) di età pari o superiore ai 29 anni compiuti. Livorno ne ha solo cinque, come la Herons Montecatini, mentre Roseto appena tre. Ruvo, al PalaTiziano, non ha potuto realmente competere: il peso degli infortuni, la stanchezza psicofisica di coloro che hanno tirato la carretta, la naturale propensione a spostare l’asticella ai playoff quando si confida di essere al completo (o quasi) hanno giocato a sfavore dei biancazzurri. Il lavoro difensivo del 2004 Allinei su Jackson (di 19 anni più grande) si è rivelato efficace, visto che lo statunitense ha segnato il primo canestro della sua gara al 17′. Un motivo per sorridere è sicuramente il rientro di Marco Contento, in campo per 13 minuti.

Marco Contento in azione (Foto M.Ceretti / Ciamillo-Castoria / LNP foto)

Pillole dalla Coppa di B Nazionale. Tifoserie massicce e compatte quelle di Livorno, Montecatini e Roseto. Ci si aspettava sicuramente una partecipazione ben superiore di ruvesi rispetto alla sparuta cinquantina di persone presenti sugli spalti, peraltro senza striscioni né tamburi al seguito. Sugli scudi alcuni volti noti anche alle latitudini pugliesi: l’ex Bisceglie Diego Terenzi, in forza alla Libertas, ha giocato di più e meglio in semifinale. Protagonista essenziale per il successo dei termali dell’ottimo coach Barsotti è stato quel Daniele Dell’Uomo non valorizzato a dovere nelle sue esperienze con Corato e Molfetta. Una tripla del mancino calabrese ha chiuso i conti nella finalissima e i 15 punti realizzati costituiscono il secondo bottino individuale di Montecatini alle spalle dei 16 dell’mvp Benites. Il lungo di origini rumene Dorin Buca, classe 2002, è un prospetto sempre più interessante: allenarsi con Fantoni non può che essergli stato d’aiuto. Coach Gramenzi ha tenuto in campo quattro giocatori della sua Roseto per 30 o più minuti nello sfortunato match con Montecatini: la panchina ha contribuito con appena sei punti complessivi, tutti di Tamani. Team abruzzese sconfitto nonostante le 22 palle perse dagli avversari.

Tifosi livornesi (E.Castoria / Ciamillo-Castoria / LNP foto)

Il contorno. C’era Gianni Petrucci, c’era Valerio Bianchini, c’erano tanti addetti ai lavori (con quelli del sud assenti ingiustificati, come già scritto) e si sono visti personaggi dello spettacolo, da Andrea Delogu a Michela Giraud. Ottimo il lavoro compiuto dai due speaker della manifestazione, professionali e puntuali. La parte di intrattenimento negli intervalli e durante il timeout è stata ben curata, sul solco dei sensibili miglioramenti che Lnp ha compiuto nell’offerta dell’evento al pubblico, facilitando anche il compito dei giornalisti accreditati. La “cartolina” adatta per chiudere il weekend romano sotto questo punto di vista è sicuramente quella del sorriso di Valentina Vignali: una ragazza che per il nostro basket rappresenta un significativo valore aggiunto e le cui vicende personali, raccontate con delicatezza, hanno trasmesso messaggi positivi a tanti giovani (e non giovani) che la seguono sui social. Ecco spiegato l’affetto smisurato che raccoglie, oltre l’innegabile avvenenza fisica. Vorremmo tanto che la pallacanestro italiana fosse un po’ come lei: bella, affascinante, interessante, capace di far parlare di sé, catalizzatrice di passioni e di emozioni.

Valentina Vignali (Foto M.Ceretti / Ciamillo-Castoria / LNP foto)