Uno scudetto, una Supercoppa, una finale europea per club e la fresca doppietta in Coppa Italia, con il successo nella Final Eight di Genova a distanza di dodici mesi dal trionfo sulle tavole del PalaDolmen di Bisceglie. Il Bitonto C5 Femminile ha scalato rapidamente le gerarchie della disciplina: i risultati conquistati in così breve tempo, al netto della supposta “facilità” di imporsi nel futsal, sono frutto di una chiara capacità gestionale. Perché sarà anche vero che senza soldi non si può andare da nessuna parte ma poi occorre anche dimostrare di saper spendere bene e costruire un’identità e un forte senso di appartenenza intorno al club. L’imprenditore Silvano Intini, proprietario del team, è riuscito ad individuare persone competenti dalle quali farsi affiancare per dare un impulso concreto alle sue legittime ambizioni.
L’unico cruccio di questa storia sportiva affascinante e di successo resta l’indisponibilità, al momento, di una struttura al coperto nel territorio bitontino in grado di ospitare le gare casalinghe della squadra. Il che, considerato che a muoversi verso la vicina Giovinazzo sono in media oltre 700 persone per qualsiasi partita interna, delinea il più imbarazzante dei paradossi. L’amministrazione comunale, guidata dal sindaco di centrosinistra Ricci, ha annunciato proprio alla vigilia della partenza della squadra neroverde per le finali di Coppa in Liguria l’imminente inizio dei lavori (metà maggio) per la realizzazione di un impianto indoor a Bitonto con oltre 1000 posti a sedere. L’opera dovrebbe essere completata in 540 giorni (oltre un anno e mezzo).
Una riflessione è inevitabile, a questo punto, mentre la stagione regolare in campionato si è conclusa con la formazione di mister Marzuoli al primo posto (57 punti all’attivo) e i playoff sono alle porte. Quanta dannata pazienza deve accantonare, al sud, un gruppo di persone determinate e capaci per riuscire nei propositi legittimi ed ambizioni di crescita sotto il profilo sportivo? La drammatica insufficienza di luoghi per e dello sport in tutta l’Italia meridionale è atavica ma del tempo che passa, con la situazione che addirittura sembra peggiorare, politica e istituzioni non vogliono preoccuparsene. La tristissima impressione è che la gente come Intini, con la sua operosità, le sue visioni, la voglia di fare qualcosa di grande, sia ritenuta quasi “fastidiosa”, come mi è già accaduto di leggere e di sentire in passato per altri casi. È terribile vivere in un territorio nel quale, al cospetto di una tale volontà di crescita e sviluppo, prevale ancora, incredibilmente, il classico «Ma chi glielo fa fare?». Un bieco provincialismo del quale liberarsi urgentemente, cominciando dai media che, nel loro assurdo impianto classico, insistono nel riservare un trattamento non adeguato alle dimensioni che alcune discipline e le loro squadre di punta hanno assunto. Siamo ancora in tempo, tutti.