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  • Vini, Coldiretti esulta per il decreto Lollobrigida: «Salve dal macero 50 milioni di etichette»

    Vini, Coldiretti esulta per il decreto Lollobrigida: «Salve dal macero 50 milioni di etichette»

    Una buona notizia. Francesco Lollobrigida, ministro dell’agricoltura e della sovranità alimentare, ha annunciato il posticipo dell’applicazione della normativa europea sul cambio di etichettatura del vino, permettendo cosi l’utilizzo e l’esaurimento delle etichette già in magazzino.

    «Sono salve cinquanta milioni di etichette per il vino Made in Italy messe a rischio dalle nuove norme Ue» hanno sostenuto da Coldiretti. «La norma, che entra in vigore dall’8 dicembre, impone l’inserimento delle informazioni relative a ingredienti e valori nutrizionali e inizialmente prevedeva che per gli ingredienti fosse utilizzato un codice QR accompagnato dalla lettera “I”. A poche settimane dall’entrata in vigore, la Commissione ha deciso di inserire il termine completo “ingredienti”, condannando di fatto al macero tutte le etichette già stampate dai produttori che si erano organizzati per tempo».

    Un problema subito denunciato dalla Coldiretti a tutela di un settore già colpito dall’impennata del costo del vetro cavo per le bottiglie che hanno fatto segnare un aumento che ha raggiunto il 58% nell’arco di 18 mesi mette a rischio la competitività del vino italiano sul mercato nazionale ed estero dove per la prima volta dopo oltre un decennio sono calate le vendite in valore (-1%). Non a caso l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha avviato un’istruttoria per una presunta intesa restrittiva della concorrenza nella vendita delle bottiglie di vetro.

    «Non si tratta peraltro della prima “grana” – ricordano da Coldiretti –  causata al Vigneto Italia dalle politiche adottate dall’Unione Europea. Si va dalla scelta della Commissione di dare il via libera all’introduzione di etichette allarmistiche sul vino decisa dall’Irlanda alla decisione della Ue di autorizzare nell’ambito delle pratiche enologiche l’eliminazione totale o parziale dell’alcol anche nei vini a denominazione di origine, dalla pratica dello zuccheraggio fino al vino senza uva con l’autorizzazione alla produzione e commercializzazioni di vini ottenuti dalla fermentazione di frutti diversi dall’uva come lamponi e ribes molto diffusi nei Paesi dell’Est». 

    Ma a pesare sono anche i rischi legati alle richieste di riconoscimento di denominazioni che evocano le eccellenze Made in Italy come nel caso del Prosek croato, un vino dolce da dessert tradizionalmente proveniente dalla zona meridionale della Dalmazia, contro la cui domanda di registrazione tra le menzioni tradizionale l’Italia ha fatto ricorso, in virtù del fatto che potrebbe danneggiare il Prosecco.

  • Bisceglie, dibattito politico-amministrativo cercasi

    Bisceglie, dibattito politico-amministrativo cercasi

    Angelantonio Angarano è proprio nato con la camicia. La sua seconda sindacatura è caratterizzata, caso più unico che raro, dalla totale e imbarazzante inesistenza di un’opposizione. L’esito delle elezioni amministrative gli è stato senza dubbio molto favorevole anche in considerazione dell’accordo stretto con la coalizione guidata da Vittorio Fata, divenuto presidente del consiglio comunale.

    La schiacciante maggioranza nell’assemblea elettiva di Palazzo San Domenico (19 componenti su 25) non giustifica, in ogni caso, l’inesorabile scomparsa di qualsiasi forma non per forza di dissenso ma anche soltanto di controllo dell’operato del primo cittadino di Bisceglie e della sua Giunta. L’appiattimento del dibattito politico-amministrativo è tale da impedire anche al giornalismo più attento di effettuare analisi. Merita una riflessione la ridicola pretesa di chi, fingendo di confondere i ruoli, vorrebbe affidare ai mezzi di comunicazione il ruolo di oppositori del potere. Non funziona così.

    Angarano è in luna di miele con se stesso e il suo cerchio magico, più che con una comunità che sembra avergli riaffidato la fiducia per “disperazione” e in assenza di alternative ritenute praticabili. L’unica narrazione reperibile sui social e sugli organi di informazione del territorio (in preda a una pigrizia tanto preoccupante quanto prevedibilissima…) è quella dell’amministrazione comunale. Una città di 56 mila abitanti è in questo momento priva di qualsiasi avamposto contraddittorio nei confronti di coloro che la guidano e le responsabilità sono da ascrivere in tutto e per tutto a quelle forze politiche e sociali che non si riconoscono nello schema dell’attuale maggioranza extra-large. È pur vero che le future scadenze elettorali potrebbero portare sussulti interni: non è difficile immaginare la legittima aspirazione di Angarano di accapparrarsi un seggio in consiglio regionale al fine di proseguire il suo percorso politico. Se pensiamo che in questo intervallo di tempo piuttosto rimarchevole debba toccare a qualche giornalista sostituirsi all’opposizione allora ci sbagliamo di grosso. L’informazione ha il dovere di “scavare i lampascioni” delle situazioni più critiche e dar voce alle istanze dei cittadini, oltre che dei vari gruppi politici, non di opporsi a un’amministrazione schierandosi. Per amore di verità bisognerebbe ricordare anche che non è certo il massimo piegarsi del tutto sull’altro versante riducendosi a ripetitori di “veline”. La qualità del dibattito è scesa abbondantemente sotto il par. Era giusto osservarlo.

  • Dal triplo arbitraggio in B all’arretramento del tiro da tre punti, appunti sparsi sul basket che può cambiare

    Dal triplo arbitraggio in B all’arretramento del tiro da tre punti, appunti sparsi sul basket che può cambiare

    Gli amici che mi rimproverano di scrivere troppo poco di basket sul web, a fronte dell’intenso lavoro quotidiano e delle tante belle chiacchierate, hanno ragione soprattutto quando confrontano la mia “timidezza” ad un quadro generale ben differente.
    È sotto gli occhi del pubblico, e non solo degli addetti ai lavori, il recente proliferare di presunti autoproclamati esperti che pur non essendo giornalisti, e nonostante non abbiano mai giocato né allenato né avuto ruoli dirigenziali, si reputano evidentemente capaci di valutare l’operato di gente, come alcuni allenatori, con 25-30 anni di carriera e diversi successi alle spalle. È l’aspetto più tremendo, dal mio modesto punto di vista, del tracollo generale dell’informazione legata alla palla a spicchi. Lo sport più bello del mondo, qui in Italia, ha smarrito i pochi riferimenti certi nell’ambito della comunicazione e troppo spesso, in assenza di un sano ricambio generazionale, capita di imbattersi in ragazzi la cui buona volontà e il tanto tempo libero non possono giustificare incapacità evidenti e svarioni colossali. Un mix terrificante alimentato dalla ridotta “concorrenza”, dalla clamorosa presunzione di certi soggetti (disposti a qualsiasi cosa, anche a farlo gratis, pur di “lavorare” in ambiti di rilievo) e da un buonismo di facciata che sparisce nei colloqui privati.

    Fatta questa lunga ma doverosa premessa, è giusto concentrarsi sulle modalità da seguire allo scopo di portare un piccolo contributo al miglioramento nella qualità dell’informazione cestistica. Userò questo spazio web e mi auguro di poter in qualche modo servire alla funzione.
    Ho lanciato qualche settimana fa, sulla base delle evidenze emerse nelle partite delle prime giornate, il tema dell’introduzione del triplo arbitraggio anche nel campionato di Serie B Nazionale. Ne ho parlato nella copertina della sesta puntata di InVito a canestro lo scorso 7 novembre, illustrando le ragioni di chi come me sostiene la necessità di ricorrere a questa novità il più presto possibile. Ho appreso dell’esistenza di una richiesta formale che circolerebbe fra le società del terzo livello cestistico italiano al fine di ottenere un numero consistente di sottoscrizioni.

    LINK – La copertina di InVito a canestro del 7 novembre

    Non ho idea di quale piega possa prendere la vicenda nel prossimo futuro.

    Un altro argomento che immagino piuttosto interessante è l’accentuata incidenza del tiro da tre punti sul gioco anche nelle principali competizioni nazionali maschili. Una chiave di volta sempre più frequente nelle letture dell’andamento e nell’analisi degli incontri attraverso le statistiche è rappresentata dalle percentuali dall’arco dei 6.75; fare canestro da fuori è divenuto basilare con il trascorrere del tempo e l’impressione di un “abuso calcolato” diventa netta. Mi riferisco allo scarso utilizzo del post che sembra portare alla graduale “fusione” dei ruoli di ala forte e centro tanto da poter parlare, già in fase di costruzione delle squadre, di una smaccata “rinuncia” a qualsiasi situazione preveda la ricezione del pallone di spalle al canestro. L’insegnamento di alcuni fondamentali sta finendo in soffitta e temo che soltanto un ulteriore arretramento in ambito Fiba del tiro da tre almeno a 7.25 metri potrà evitare la scomparsa definitiva del palleggio arresto e tiro, “creatura” già semisconosciuta e bistrattata oggi. Quanto alla scarse differenze in termini di organizzazione del gioco riscontrate nei principali campionati, ha preso il sopravvento la tendenza a privilegiare sistemi nei quali il “libero arbitrio” degli interpreti è facilmente sovrapponibile (o confondibile) con l’impossibilità di eseguire in attacco a causa della ridotta versatilità tattica dei giocatori. L’atletismo ha soppiantato la capacità di lettura delle situazioni al punto che un grande saltatore o corridore può stare in campo benché non sia in grado di giocare senza palla (i moderni dicono “spaziarsi” ma a me non piace), portare un blocco nei tempi opportuni e con l’angolo giusto, “leggere” una doppia uscita… Il basket è cambiato, si trasforma di continuo e questo non è per forza un male. L’auspicio di chi se ne è innamorato in tempi andati è che la componente cerebrale, l’astuzia, la scaltrezza, l’intelligenza continuino a giocare un ruolo nell’evoluzione futura della disciplina.

  • Il timore dell’emulazione

    Il timore dell’emulazione

    L’omicidio di una donna di 42 anni, assassinata dal marito davanti ai figli minori della coppia in un’abitazione di Andria, ha avvicinato di colpo il territorio al dramma di una recrudescenza violenta senza precedenti che attanaglia l’Italia e purtroppo non sembra placarsi. I media, in queste ultime due settimane, hanno concentrato l’attenzione su questo tipo di avvenimenti di cronaca intercettando – com’è giusto che sia – l’esigenza di maggiori informazioni da parte del pubblico. Tralasciando gli sconfinamenti nell’inopportuno e nel macabro che pure si sono verificati nel corso dell’ossessiva ricerca di dettagli nella vicenda dell’assassinio di Giulia Cecchettin, è evidente come il sistema della comunicazione abbia risposto ad un bisogno espresso dagli utenti. Capita spesso, nelle cicliche concentrazioni di notizie rispetto ad un argomento, di imbattersi in considerazioni a proposito della reale portata dei fenomeni posti sotto i riflettori. Nelle fattispecie dei casi di cronaca, per esempio, ci si può chiedere se dare “troppo” spazio al racconto possa addirittura esporre al rischio di un incremento dei comportamenti scorretti: è il classico timore dell’emulazione, un dubbio che pervade soprattutto chi fa del buon giornalismo. Stabilire un confine, una “linea immaginaria” della quantità di dati, pagine, articoli sufficienti a scongiurare un tale pericolo è veramente molto complicato. Le marce, gli appelli, le iniziative di sensibilizzazione finiscono per essere frustrati, puntualmente, dall’episodio successivo di una strage che pare non aver mai termine. Martedì pomeriggio ci siamo ritrovati a fare improvvisamente i conti con una di quelle notizie che in queste ultime tre settimane avevamo soltanto visto descrivere. Ho seguito con particolare attenzione la copertura fornita al caso Cecchettin, fin dal giorno in cui è stato lanciato l’allarme per la scomparsa, da parte dei colleghi delle emittenti televisive e dei giornali del Veneto, in particolare “Il Gazzettino” e “La tribuna di Treviso”. Ho notato il repentino cambio di paradigma dal momento nel quale sono cominciate ad emergere i sospetti su colui che ha poi confessato il delitto e più in generale una minuziosa attività di ricostruzione, fin nei particolari, del rapporto tra vittima e carnefice.
    L’omicidio di Vincenza Angrisano ad Andria è maturato in un contesto differente nel quale tuttavia s’incardinano elementi riccorrenti: la banalità del male, la ferocia inaudita, la propensione ad agire violentemente con estrema facilità in situazioni di contrasto su discussioni finanche futili. Un senso di diffusa insicurezza e latente prevaricazione che penalizza le donne e ne rende sempre più difficile la vita quotidiana. Il timore dell’emulazione è frutto di quell’inevitabile constatazione sulla continua “scoperta” di nuovi crimini che i giornalisti effettuano informando ma la soluzione non è certo imporre censure, come si è sempre fatto per i casi di cronaca sotto le dittature. I mezzi di informazione fanno il loro, salvo alcuni deprecabili esempi di becero sensazionalismo: bisogna chiedersi, al netto della maggiore attenzione che ci stiamo mettendo in queste settimane e del risalto che decidiamo di dare a situazioni analoghe, quante menti vulnerabili possano sentirsi incredibilmente “affascinate” dalla possibilità di diventare i nuovi mostri da sbattere in prima pagina. Le risposte competono soprattutto al campo della psicologia.

  • “Volevo solo fare la calciatrice”: Alice Pignagnoli tocca i tasti giusti con la storia di un’ambizione sana e di una passione pura

    “Volevo solo fare la calciatrice”: Alice Pignagnoli tocca i tasti giusti con la storia di un’ambizione sana e di una passione pura

    Ho scelto volutamente di prendermi qualche giorno in più proprio per comprendere meglio cosa sarebbe rimasto, nella mente e nel cuore, delle intense ore piacevolmente trascorse insieme ad Alice Pignagnoli. Averla conosciuta è stato un onore e ha rappresentato innegabilmente un momento significativo di riflessione, crescita personale e motivazionale.

    L’atleta reggiana ha raggiunto Bisceglie giovedì 16 novembre su invito di Maria Rita Gentile, eletta da poche settimane alla presidenza della sezione cittadina della Fidapa (federazione italiana donne arti professioni affari). Pochissimi istanti sono stati sufficienti a cogliere il senso profondo di quanto mi aveva già lasciato la lettura di “Volevo solo fare la calciatrice”, il racconto autobiografico di un’esistenza contrassegnata dalla tenacia, dalla forza di volontà, dalla capacità di credere sempre in sé stessi.

    La storia di Alice Pignagnoli, divenuta nota al grande pubblico per il clamore suscitato dal rientro in campo ad appena 100 giorni dal parto cesareo e, in seguito, a causa del mancato rinnovo contrattuale alla notizia della sua seconda gravidanza, è la cifra perfetta dell’attuale condizione dello sport al femminile in Italia. La massiccia partecipazione di pubblico all’evento che si è svolto nelle Vecchie Segherie Mastrototaro ha assunto un valore notevole, specie in considerazione dei numerosi interventi, delle domande rivolte all’ospite, dell’eterogeneità di una platea molto attenta e sensibile ai temi toccati, del non trascurabile successo riscontrato anche attraverso le vendite del libro, che consiglio a tutti di acquistare e leggere. Una conversazione che ho provato a condurre nella consapevolezza della necessità di “raggiungere” le giovani calcettiste del New Bisceglie Girls come i tecnici più navigati, le donne più attive nell’associazionismo e nel sociale e al tempo stesso la platea degli appassionati.

    Dialogare di diritti, conquiste ed esempi di emancipazione femminile non può che far bene all’esigenza di tramutare quelle che sembrano eccezioni in normalità. Ecco perché ritengo sia importante utilizzare occasioni propizie per elevare il livello del dibattito, abbandonando il cliché delle “semplici” rivendicazioni (legittime, sia chiaro) e portare la discussione sui piani della concretezza. Dovrebbero comprenderlo, in particolare, coloro che si occupano di promuovere l’immagine della donna: c’è bisogno di passare ad un linguaggio nuovo, e non mi riferisco alla declinazione di qualsiasi termine al femminile.

    Un linguaggio nuovo nei rapporti intergenerazionali e un approccio emotivo più realistico al confronto con la società di oggi, intriso di parole chiare e capacità di confronto. L’ennesima conferma l’abbiamo avuta la mattina di venerdì 17 nel corso dei dibattiti organizzati negli auditorium dell’istituto “Sergio Cosmai” e del liceo “Leonardo da Vinci” di Bisceglie, toccando argomenti diversi e cercando di imbeccare la curiosità degli studenti. Conquistare l’attenzione e la fiducia di un/una sedicenne non è facile senza partire dal presupposto di doversi calare nei panni dei ragazzi.

    Tante sono state le domande rivolte ad Alice Pignagnoli durante quei due incontri, tantissime quelle alle quali la calciatrice si è trovata a rispondere in direct sui social, niente affatto sorpresa dalla circostanza. «Vito, fanno così» mi ha confidato, spiegando che le capita spesso di ricevere richieste di contatto e interrogativi in quella modalità. Siamo una società di stigmi e paradossi, nella quale un adolescente evita di porre un quesito ad un adulto mentre è davanti ai suoi coetanei perché persino fare le domande pare essere divenuto “da sfigati”. Rendere quelle occasioni più frequenti e, in generale, cambiare il paradigma degli appuntamenti pubblici evitando che finiscano con il parlarsi addosso e in modo vuoto è compito delle associazioni e di coloro che sono chiamati a gestire le discussioni.

    Alice Pignagnoli ha definito con l’espressione “sogni conformabili” le aspettative “classiche” di realizzazione della donna in Italia. Cominciamo tutti quanti ad abbandonare i linguaggi conformabili gli atteggiamenti conformabili, gli sguardi “snob” e mettiamoci a confronto con quello che c’è là fuori, come fa da sempre la calciatrice emiliana alla quale non basterà il più sincero dei “grazie” per dare atto di quello che ha saputo trasmettere, tanto che l’augurio è piuttosto un “a presto” per tornare sul territorio a raccontare il suo vissuto personale.

    Foto di Patrizia Bruno

  • Basket, mestiere ed entusiasmo i “segreti” della Virtus Molfetta unica imbattuta in B Interregionale

    Basket, mestiere ed entusiasmo i “segreti” della Virtus Molfetta unica imbattuta in B Interregionale

    Elogiare la Virtus Molfetta, meritatamente al comando del girone G di Serie B Interregionale, equivale a scavare nei ricordi del cuore più dolci. Coach Sergio Carolillo in panchina, coach (lo chiamerò sempre così) Vincenzo Mazzilli in un ruolo dirigenziale di spessore e il presidente Andrea Bellifemmine sono persone che mi hanno letteralmente visto crescere. Correre il rischio di risultare agiografico, tuttavia, è doveroso nel caso di questa realtà che ha impatto il quarto campionato del basket italiano nel migliore dei modi, centrando nove successi su altrettanti incontri. Il segreto, dalla mia modesta prospettiva, è nell’indovinato mix fra il mestiere, ovvero l’esperienza delle architravi del club e il sano entusiasmo costruito intorno alla squadra. Certo, in campo bisogna pur sempre andarci e misurarsi contro gli avversari ma è l’ambiente il vero fattore in più di questa Virtus Molfetta.
    Il lavoro avviato tenacemente da Mazzilli nella ricostruzione dalle fondamenta di un movimento di base, fin dal minibasket, inizia a mostrare i suoi frutti anche con le presenze al palazzetto e al fianco di un allenatore navigato come Carolillo c’è Guido Vittorio, un tecnico di sicuro avvenire. Bellifemmine ha saputo pescare nel mercato dei giocatori non formati scegliendo il lungo spagnolo Jon Aramburu, che rende un lusso il poter contare su quell’autentico crack per la categoria rappresentato da Georgi Sirakov, finora quasi immarcabile. Le loro qualità si coniugano perfettamente con la leadership silenziosa del playmaker Andrea Calisi e la duttilità di Marco Formica e Davide Paglia. L’enigma tattico, per gli avversari, è Fabio Stefanini, un’ala muscolare che in B Interregionale è davvero merce rara.

    Vincere il campionato non sarà semplice soprattutto in considerazione della formula cervellotica e se si volesse individuare un intervento aggiuntivo da compiere bisognerebbe immaginare l’inserimento di un altro lungo, magari di un pivot di ruolo e stazza per aprirsi alla prospettiva di quintetti ultra-fisici con Aramburu in ala forte e Stefanini in ala piccola. La Virtus Molfetta ha tutto il necessario per giocarsi fino in fondo le sue chances di promozione in B Nazionale: società abituata a tornei di levatura superiore, staff di prim’ordine (non va dimenticato l’ottimo preparatore fisico De Gennaro), squadra di livello con tanti giocatori in grado di reggere la pressione e pubblico sugli spalti in crescita costante.

    Domenica 26 novembre, nella gara contro Angri al PalaPoli, i biancazzurri andranno a caccia del decimo successo consecutivo e soprattutto di punti pesantissimi, se si tiene conto che nella seconda fase si accederà con il bottino acquisito nei confronti diretti con le altre formazioni della stessa fascia di classifica (quindi dalla prima alla quarta, dalla quinta all’ottava e dalla nona alla dodicesima). Nessun obiettivo è precluso ad una Virtus Molfetta che sembra poter rivivere i fasti dei bei tempi.

    Foto di Donato Volpe

  • Andria, 17enne denunciato per violenza sessuale ai danni di una bambina di 10 anni

    Andria, 17enne denunciato per violenza sessuale ai danni di una bambina di 10 anni

    È stato individuato, identificato e denunciato alla Procura del tribunale dei minorenni di Bari con l’accusa di violenza sessuale aggravata. Ha 17 anni, è andriese e secondo gli indizi raccolti dagli agenti della squadra mobile della Bat avrebbe adescato una bambina di appena 10 anni. Una donna, conoscente della madre della piccola, l’ha informata dell’accaduto: un ragazzo, a bordo di una bici elettrica, ha approcciato la bimba chiedendole di “giocare al dottore” e cominciando a toccarle le parti intime.

    L’intervento della donna e le urla rivolte nei confronti del 17enne hanno scongiurato che le molestie proseguissero al punto da indurre il giovane a risalire a bordo del mezzo elettrico e allontanarsi. La Polizia è riuscita a risalire al presunto responsabile, accertando come fosse già noto nel quartiere per episodi molto simili. I testimoni oculari hanno riconosciuto il ragazzo, per il quale è scattato il deferimento.

  • E meno male che non ho ancora cominciato…

    E meno male che non ho ancora cominciato…

    Questo progetto informativo, inutile nasconderlo, è piuttosto complesso oltre che ambizioso. Il presupposto di ritagliare del tempo utile e di qualità agli impegni professionali per offrire contenuti interessanti è l’architrave di www.vitotroilo.it ma mai avrei immaginato di dover prendere atto di “strani” tentativi informatici di impedire lo sviluppo tecnico del sito. Sono state già tre, nel giro di poche settimane, le “effrazioni” registrate, tutte respinte con perdite. Propellente puro per la mia determinazione nel proseguire con ulteriore slancio lo sviluppo di questo nuovo mezzo di comunicazione. Qualcuno sembra essere particolarmente interessato a quanto scriverò su questo spazio. E meno male che non ho ancora cominciato…

  • Bisceglie, docenti e personale ATA del “Dell’Olio”: «Abbandonati delle istituzioni»

    Bisceglie, docenti e personale ATA del “Dell’Olio”: «Abbandonati delle istituzioni»

    Nuovo, evitabile capitolo delle vicissitudini relative all’istituto “Giacinto Dell’Olio” di Bisceglie. Questa volta a far sentire la loro voce sono gli insegnanti e la componente del personale Ata. «Denunciamo, con convinzione e consapevolezza civici, la mortificazione del diritto costituzionale ad un’istruzione aperta a tutti e, allo stesso tempo, l’assenza di condizioni di lavoro che effettivamente possano garantire l’erogazione del servizio» hanno evidenziato in una nota diffusa nella mattinata di sabato.

    «Lo scorso 17 ottobre, a causa di diverse infiltrazioni d’acqua dovute alle copiose piogge e al conseguente guasto dell’impianto elettrico, 15 aule furono dichiarate inagibili ed interdette dai Vigili del Fuoco. La dirigenza, per assicurare il diritto all’istruzione e garantire un servizio alle famiglie ha attivato immediatamente i doppi turni. Dopo una settimana, a causa dell’enorme disagio registrato da tutta la popolazione scolastica, è stato ripristinato il turno mattutino, con un enorme sforzo organizzativo di tutto il personale, ma i disagi restano perché gli studenti, oltre ai docenti, fanno lezione o nell’androne della scuola, o sul ballatoio al primo piano, o davanti all’ex bar con le conseguenze del caso» hanno osservato.
    «Oggi, dopo più di 20 giorni dall’accaduto, la Provincia Bat, proprietaria dell’immobile, pur sollecitata più volte con email istituzionali, non ha effettuato nessun sopralluogo tecnico e non ha dato alcuna risposta in merito alla tempistica dei lavori da eseguire» è quanto sostenuto da insegnanti e personale Ata. «La scuola è un bene fondamentale e non può essere sospesa o subire iniziative che ne snaturino la piena efficienza e il completo svolgimento. All’interno di un istituto scolastico si formano e si aiutano a crescere generazioni di persone, di giovani che imparano a essere cittadine e cittadini consapevoli, in un rapporto di continua reciprocità intellettuale ed emotiva con gli educatori. Noi tutti ci sentiamo, in questi giorni, abbandonati dalle Istituzioni e ciò avvilisce la nostra professionalità. I docenti di questo istituto, pertanto, intendono proporsi come parte dialettica di un discorso costruttivo che prenda le mosse dal pieno riconoscimento della dignità e del lavoro di chiunque si adoperi per il bene delle giovani generazioni e manifesti un reale interesse nel promuovere ogni intervento, che ripristini quel diritto costituzionalmente riconosciuto».
    Da qui la richiesta agli organi istituzionali preposti: «organizzino al più presto tutti gli interventi necessari per porre termine allo stato di emergenza e per ripristinare la normale attività educativa e didattica». Martedi 14 novembre alle ore 15 si terrà un primo momento di mobilitazione e protesta all’interno dell’istituto.

  • Carezze / Dario Baldan Bembo con “Ci troveremo là”

    Carezze / Dario Baldan Bembo con “Ci troveremo là”

    Un cantautore ingiustamente sottovalutato, divenuto suo malgrado prigioniero dell’eternità che ha conquistato quella che è senza dubbio la canzone più conosciuta del repertorio, “L’amico è”, vero e proprio inno generazionale e coro utilizzato da tutte le tifoserie italiane in tutti gli sport dagli anni ’80 in poi. Dario Baldan Bembo, però, ha saputo tratteggiare l’amore con uno stile semi-confidenziale, conservando un’identità artistica sospesa a metà strada fra il miglior Fabio Concato e le alchimie musicali di Mario Lavezzi.

    “Ci troveremo là” è consegnata ai ricordi soprattutto per l’impiego come brano di chiusura di una simpatica commedia del 1988, “Casa mia, casa mia”, con Renato Pozzetto, Athina Cenci e Paola Onofri, attrice molto bella un po’ sparita dai radar che quelli della mia generazione ricordano anche per il ruolo nella sitcom “Nonno Felice” con Gino Bramieri e la partecipazione nello spassosissimo “I due carabinieri” con Carlo Verdone ed Enrico Montesano.

    Il pezzo di Baldan Bembo, incluso nell’album “Un po’ per vivere, un po’ per sognare” del 1991, è impreziosito da un sax che richiama alle atmosfere più romantiche di quel periodo ed è stato utilizzato in versione ridotta come sigla della telenovela argentina “Una donna in vendita” con la compianta Mayra Alejandra (protagonista di “Luisana mia”), andata in onda su Retequattro fra il 1991 e il 1992, trasmessa in seguito da diverse emittenti locali (in Puglia da Antenna Sud) e ripescata nel decennio scorso da Lady Channel. La trama è fra le più innovative per l’epoca perché affronta una vicenda di “utero in affitto”. L’accostamento alla canzone del delicato paroliere milanese, oggi 75enne, a posteriori appare quasi infelice. “Ci troveremo là” rimane in ogni caso una carezza dimenticata.

    Questa è “Ci troveremo là” (a seguire il testo)

    Ci troveremo là

    Dove finiscono le nuvole

    Là dove nasce un desiderio senza pudore

    Senza nessun timore

    Ci troveremo là

    E noi saremo là

    Come due ombre che respirano

    Come due ali che la sera si porta via

    Senza più malinconia

    Ci troveremo là…

    E nel tempo tu fermerai

    Le nostre storie che non si fermano mai

    E i tuoi pensieri chiusi aprirò

    Ma dimmi davvero che lo vuoi

    Che mi vuoi

    Che tu vuoi

    D’improvviso sentirai come me

    Le nostre voglie scoppiare dentro di noi

    Fra il mio stupore e la tua ingenuità

    Ci troveremo là…

    Ci troveremo là

    Dove si toccano le fantasie

    Lasciando indietro tutto il resto che è già passato

    Liberi nel creato

    Ci troveremo là…

    E nel tempo tu fermerai

    Le nostre storie che non riposano mai

    E i tuoi respiri nuovi raccoglierò

    Ma dimmi davvero che lo vuoi

    Che mi vuoi

    Che tu vuoi

    D’improvviso sentirai come me

    Le nostre voglie scoppiare dentro di noi

    Fra il mio stupore e la tua ingenuità

    Ci troveremo là…

    Sicuramente là…