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  • Fenomenologia del ponte di via della Repubblica

    Fenomenologia del ponte di via della Repubblica

    Abbiamo chiuso il quadro. Ci mancavano soltanto le mie considerazioni sulla vicenda che ha letteralmente appassionato, infervorato, inferocito, attorcigliato e diviso i biscegliesi nelle ultime ore: il ponte ciclopedonale di via della Repubblica.

    Un’opera della quale è stato raccontato e seguito, minuto per minuto, il trasporto a bordo di un veicolo speciale. Si è scritto e parlato di code provocate dal passaggio del prezioso convoglio lungo la statale 16 bis. Si sono analizzate le possibili ripercussioni per il traffico veicolare in città a causa della momentanea chiusura di un tratto di via della Repubblica. Mirabili “colleghi” si sono avventurati, a sprezzo del pericolo, nelle immediate vicinanze della mastodontica realizzazione durante i lavori di posizionamento da parte dell’impresa. La vibrante polemica sul semaforo provvisoriamente rimosso all’altezza dell’incrocio con corso Umberto I ha emozionato le genti, tenendo tutti con il fiato sospeso fino alla risoluzione positiva della questione con il reintegro dell’impianto. Chiunque, sui social, si è sentito in dovere, oltre che nel pieno diritto, di sfoderare le proprie (indiscutibili!) conoscenze ingegneristiche, architettoniche e urbanistiche ed esprimersi nel merito. E mentre i più arditi si sono sbilanciati reclamando la primogenitura dell’eventuale denominazione “Ponte dei sospiri”, evidentemente frutto di un enorme sforzo di fantasia, gli ultrà del sindaco Angelantonio Angarano, dopo aver concluso i selfie davanti al ponte non ancora montato, hanno ammonito i detrattori e promesso liste di proscrizione nel caso di successivi ripensamenti, difendendo la “straordinaria magnificenza” del ponte.
    Ne consegue che aggiungere qualcosa di realmente interessante a un tale diluvio di informazioni spesso prive di contesto e di considerazioni personali sconclusionate e poco attinenti alla realtà sarebbe impresa complicata per chiunque. Correrò volentieri il rischio.

    Il dibattito è viziato da una generale sottovalutazione di alcuni dati: quel ponte ciclopedonale è compreso in un più articolato progetto di riqualificazione del rione Santa Caterina e del fronte porto, che ha visto la luce quasi 20 anni fa e nel quale figura anche la pedonalizzazione di via Mercadante, sulla quale è sempre meglio tornare lontano dai pasti per evitare spiacevoli inconvenienti gastrici… Ciascuno ne tenga conto per valutare l’effettiva obsolescenza degli interventi effettuati adesso rispetto all’epoca in cui erano stati ipotizzati. L’utilità del ponte, se ci fermiamo a fotografare la situazione attuale, è oggettivamente pari a zero: via Prussiano e tutta l’area dell’ex Macello non sono state ancora riqualificate, la zona attigua a via dei pescatori andrebbe bonificata (in tutti i sensi!) e chi ironizza apertamente sui vantaggi che potrebbero derivarne per gli “spaccini” a bordo delle bici elettriche in un più rapido attraversamento di due aree della città ai fini delle “consegne” purtroppo potrebbe non essere così lontano dalla realtà… Guardando con lungimiranza si scoprirebbe una certa utilità di quel passaggio soprattutto nei mesi estivi ma con tutta la buona volontà possibile, contrariamente a quanto affermato da Angarano e ripetuto dai componenti della sua curva, quella struttura in legno priva di trasparenze non pare prestarsi più di tanto al ruolo di suggestiva attrazione turistica. I tentativi iniziali di promozione, magari, sortiranno un leggero rimbalzo di notorietà che si affievolirà inesorabilmente. L’unica vera preoccupazione riguarda l’impellente necessità di installare sistemi di videosorveglianza per la deterrenza dei temuti fenomeni vandalici, in particolare del pericolo di lancio di sassi e oggetti dal ponte verso gli automobilisti in transito su via della Repubblica. Qualcuno deve pur scriverlo chiaramente, così come non si può sottovalutare un’altra situazione che si verificherà nei prossimi mesi: si è pensato a disciplinare o addirittura vietare la permanenza sul ponte nelle occasioni in cui saranno sparati fuochi d’artificio? Qual è il massimale di peso che il ponte può sostenere? Mi auguro con tutto il cuore che le contromisure siano già state studiate ma se ciò accadrà soltanto a seguito della lettura di questo articolo sarei contento di sentirmi raccontare una bugia, purché si provveda. Mi raccomando.

    Mi sono chiesto, in questi giorni, cosa si sarebbe scritto sui social se fossero esistiti ai tempi in cui fu costruito il famigerato ponte di strada Macchione, opera accessoria della statale 16 bis realizzata nel 1990 (al costo di diversi miliardi di lire) per consentire un più rapido accesso ad alcuni terreni agricoli in direzione Corato e completamente superata in termini di utilità dagli avvenimenti successivi. Quella struttura, però, ha saputo dare tanta gioia e felicità ai biscegliesi diventando meta fissa per la camporella e nessuno, oggi, si sognerebbe di farla demolire malgrado sia transitata da poche decine di mezzi al giorno.

    La morale di tutta questa bizzarra pantomima di provincia, a volerla trovare, è che viviamo un presente di immediata esecutività (come si dice in consiglio comunale per validare un provvedimento appena votato) ma restiamo ancorati ad un passato di nodi irrisolti. Proviamo a guardare lontano, smettendola di dividerci in “guelfi” e “ghibellini” per un ponte al quale dopo le festività natalizie avremo fatto l’abitudine e immaginiamo una Bisceglie del futuro più efficiente e finalmente vivibile: strade pulite e percorribili, marciapiedi non divelti, segnaletica chiara, percezione di sicurezza. E per favore, la si finisca con il proporre continuamente il mare, il sole, i tramonti, le chiese, i monumenti e le risorse naturali come “cartolina”: la qualità della vita cresce con tutto il resto, con quello che tocca realizzare quotidianamente in termini di senso civico e intorno ad una visione di città. Se qualcuno non lo ha ancora capito, stiamo veramente freschi…
    La qualità della vita si migliora con le comunità energetiche, con l’estensione delle zone pedonali nel centro storico, con l’adeguamento delle scuole e degli impianti sportivi agli standard mondiali (non europei: mondiali). Il bello che c’è già va tutelato, ci mancherebbe altro: guai però illudersi che non sia urgente rendere bello ciò che adesso non lo è. Il ponte ciclopedonale che sovrasta già via della Repubblica oggi come oggi non è utile e non è bello ma questo non colpevolizza chi crede il contrario e non assolve chi la pensa come me: tocca alla comunità intervenire per dare un senso ad un’opera che altrimenti resterà priva di significato. Anche perché andare in camporella d’inverno, a piedi o in bici, riesce un po’ scomodo…

    Foto dal profilo social di Onofrio Musco

  • Basket, appunti sparsi dalla B Nazionale fra infrasettimanale e mercato

    Basket, appunti sparsi dalla B Nazionale fra infrasettimanale e mercato

    Sia chiaro. Non ho cambiato idea sui turni infrasettimanali: per me andrebbero aboliti ma questo equivarrebbe a giocare sempre e in Italia non mi sovviene l’esistenza di così tante strutture sportive al coperto dotate di aria condizionata…
    Ho scelto da qualche mese, come sa bene chi mi segue con maggiore attenzione, di tornare al mio grande amore in pianta quasi stabile e dedicare molte più ore della giornata che nel recente passato alle vicende cestistiche del Bel Paese. La creazione del nuovo campionato di Serie B Nazionale mi ha affascinato fin dalle premesse della tanto vituperata riforma Fip che in realtà alla lunga potrebbe produrre effetti benefici in termini di riduzione del numero di società in grado di reggere certi livelli e soprattutto nel senso di un necessario maggiore riconoscimento delle professionalità e delle capacità.
    Siamo alle questioni di campo. La regular season da 34 giornate e il famigerato inserimento di diversi infrasettimanali con cicli di tre partite in otto giorni è una novità talmente rilevante che nelle analisi spesso si sottovaluta la maggiore incidenza di alcuni fattori: trasferimenti lunghi ed estenuanti, margini ridotti per il lavoro in palestra e i necessari adeguamenti tattici rispetto agli avversari di turno, pochissimo tempo a disposizione per preparare le partite. Gli esempi più critici riguardano il girone B, quello in cui sono state messe insieme le 18 formazioni più a est, ma sull’altro versante non se la passano meglio…


    Andiamo a ovest, nel gruppo A ritenuto dagli addetti ai lavori leggermente inferiore, per livello medio, rispetto al raggruppamento B. Dominio toscano, con cinque formazioni nelle prime sette posizioni di classifica e i quattro posti al vertice distribuiti fra due città: la Libertas Livorno e la Herons Montecatini guidano con un record 10-3 tallonate da Montecatini Basket e Pielle Livorno (9-4). Retrovie destinate, per il momento, soprattutto alle compagini campane e laziali: nessuna delle sei squadre di queste regioni ha un saldo positivo fra vittorie e sconfitte. Il dato è incontrovertibile e descrive con eloquenza le generali difficoltà di adattamento delle realtà dell’Italia centro-meridionale alla dimensione della B Nazionale, dentro e fuori dal rettangolo di gioco. Differenti e più complessi adempimenti organizzativi (sia in termini di trasferte che di accoglienza), accresciute esigenze di tempo, competenze e professionalità da dedicare alla gestione delle società sembrano aver pesato in misura notevole su diversi club. È un’impressione chiara, al netto di eccezioni lodevoli e casi di analoga difficoltà che si sono verificati al nord. La situazione tecnica più preoccupante è quella di Caserta, che ha vinto soltanto un match – contro Salerno – infilando una serie di 10 stop consecutivi. Il ds Nando Gentile è alla ricerca di correttivi: l’ultimo colpo in ordine di tempo è l’ingaggio del playmaker ex Bisceglie Donato Vitale mentre dovrebbe andar via l’esterno italo-statunitense Diego Lucas. Gli infortuni di Alfonso Zampogna (lesione al crociato) e Niccolò Moffa (metatarso) hanno ridotto le rotazioni e il potenziale di un gruppo costruito con ambizioni ben diverse. La contingente indisponibilità del palasport di via delle medaglie d’oro e lo spostamento ad Aversa per le sfide casalinghe non sono stati certo d’aiuto.



    Salerno, che ha rilevato il titolo di B Nazionale dalla Real Sebastiani Rieti (a sua volta salita in A2 per acquisizione di diritto sportivo), è penultima malgrado le quattro vittorie in ragione di una penalizzazione di 3 punti relativa al ritardato pagamento di una rata integrativa della scorsa stagione. Se il lituano Mantvydas Staselis (16.9 punti di media con il 44% da tre) ha finora dimostrato di meritare il proscenio del terzo torneo cestistico italiano dopo essere stato costretto dai regolamenti a giocare in categorie inferiori, qualche giovane scommessa non ha sortito gli effetti sperati. Il tecnico di origini argentine German Sciutto (con una lunga carriera in Italia da giocatore) non è mai stato in discussione: il patron Renzullo dovrà con ogni probabilità intervenire sul roster per provare ad invertire la rotta.

    Segnali di ripresa dalla Npc Rieti di coach Ciccio Ponticiello, che ha messo due vittorie consecutive alle quali è seguita la battuta d’arresto sul parquet di Treviglio contro Brianza Basket. L’ingaggio dello statunitense Terrence Roderick (ex Agropoli e Chieti fra le altre) comporterà la rinuncia all’italo-argentino Tomás Cavallero e aggiungerà, nei piani della dirigenza, pericolosità offensiva al collettivo che segna meno nel girone (71.3 punti in media). Il club reatino aveva già sostituito il lungo Pietro Agostini (rientrato nelle vicinanze della sua Trieste per motivi familiari) con Kevin Cusenza. Movimento un po’ inatteso dalla Campania alla Lombardia: l’ex Molfetta Guido Scali ha lasciato Sant’Antimo (dove contribuiva alle sorti della squadra con 8.5 punti giocando quasi 31 minuti di media) per accasarsi a Legnano prendendo il posto di Enrico Gobbato (finito in B interregionale al Roseto 20.20).

    Settimana frizzante anche a est con un turno contrassegnato da risultati solo apparentemente sorprendenti e un mercato parecchio vivace. Il secondo disco rosso di stagione per la Pallacanestro Ruvo è semmai la certificazione di quanto resti stregato qualsiasi incrocio con Faenza. I biancazzurri di coach Federico Campanella (un toscano che guida il gruppo B) hanno ceduto di misura al cospetto di una formazione rigenerata dalla cura dell’ottimo Alessandro Lotesoriere, subentrato alla dolorosa separazione con Gigi Garelli.



    È doveroso contestualizzare, facendo la tara proprio su Ruvo, quanto sia complicato immaginare di vincere sempre e vincerle tutte: una corazzata come quella ben costruita da Nicola Fracchiolla e dai suoi collaboratori perderebbe difficilmente più di 4-5 gare in una regular season da 30 con trasferte mediamente più corte e non più di due infrasettimanali. Le 34 giornate, invece, rendono decisamente più digeribile qualche incidente di percorso e anche i più forti in assoluto possono attestarsi su un range complessivo di 6-8 sconfitte e conservare comodamente la loro prima posizione in graduatoria. Gente come Mantzaris e Stanic tre partite a settimana non deve farle a novembre o dicembre ma a maggio… Quanto a Ruvo, poi, la variabile infortuni è di quelle che fanno incazzare: un guaio dietro l’altro e 13 incontri di campionato mai affrontati al completo. Out Deri e Boev (assenze che però bisogna sempre considerare), al PalaCattani non è entrato Manuel Diomede (secondo match consecutivo saltato). Gli unici due atleti con 13 presenze effettive sono Galmarini e Toniato: Leggio e Contento ne hanno una in meno, Jackson e Traini due in meno, Ghersetti tre in meno senza contare le volte in cui ciascuno di loro ha giocato sul dolore, non al meglio e stringendo i denti pur di dare manforte. La misura della forza di uno squadrone del genere non è ancora nota ma lo sarà a breve…

    È già venuta fuori la sostanza di San Vendemiano, che il suo step migliorativo l’ha compiuto non a caso con il rientro di Edoardo Di Emidio dall’infortunio. Il club di Gherardini junior potrà sfruttare la tranquillità di un ambiente privo di pressioni, a differenza di quello che rappresenta il basket a San Severo e Roseto. Lo scontro diretto (foto copertina di Antonio Giammetta) ha premiato i gialloneri di coach Luciano Nunzi, che hanno superato una gran prova di maturità: ora nessuno storce il naso nel sentir parlare di un piazzamento fra le prime quattro posizioni ma in estate ero il solo nel sostenerlo con convinzione… Una delle chiavi della crescita di San Severo è il rendimento del play argentino Pierotti, salito vertiginosamente. L’irruenza di Tchintcharauli darà un’altra spinta alla compagine dauna. Dalle parti del Lido delle Rose, intanto, girano voci di mercato a profusione: l’ingaggio di Alessandro Paesano, in uscita da Chieti, era stato dato per certo a inizio settimana ma non si è concretizzato. Mitchell Poletti e Vangelis Mantzaris, due crack per la categoria, non sono al 100% della forma e Gramenzi deve centellinarne l’utilizzo. Il centro di ruolo Dimitri Klyuchnyk è messo continuamente in discussione ma resta un giocatore di Roseto. La piazza reclama l’innesto di un altro esterno di spessore da affiancare all’ottimo Santiangeli per completare un organico ulteriormente competitivo.


    Come una scheggia impazzita, nelle ultime tre settimane, ha iniziato a tenere banco la variabile Chieti. Si è detto e scritto molto della società guidata da Marchesani: i 3 punti di penalizzazione per il ritardo nel pagamento di spettanze destinate ad agenti di giocatori hanno rappresentato il segnale ben poco confortante di una situazione intricata. Qualcuno dovrebbe andar via in conseguenza della riduzione forzata del budget frutto di accordi di sponsorizzazione sfumati: i pezzi pregiati sono diversi e nelle ultime ore si è intensificata l’eco di rescissioni che ridurranno la consistenza tecnica della squadra di coach Daniele Aniello, già molto zoppicante lontano dal PalaTricalle (una sola vittoria). Ci si chiede, legittimamente, quali siano le probabilità di un clamoroso ritiro dalla competizione perché una volta superato il numero massimo di movimenti in uscita (tre) è logico che a qualche atleta di rilievo possa non andar bene il dover proseguire l’annata in un team depotenziato.



    Chi si rafforzerà è di sicuro Mestre: un contratto importante è quello siglato con il croato Sven Smajlagić, guardia di 33 anni in arrivo dal Cibona Zagabria e nel giro della nazionale, che nell’ultima stagione ha segnato 7.4 punti con 2.4 rimbalzi di media nella massima serie in patria. Non è Mantzaris ma alzerà la qualità del collettivo di coach Cesare Ciocca.

  • Ospedale del nord barese, lunedì riunione della commissione regionale sanità

    Ospedale del nord barese, lunedì riunione della commissione regionale sanità

    Si terrà lunedì 11 dicembre l’audizione richiesta da Filippo Caracciolo in commissione regionale sanità con all’ordine del giorno le questioni relative alla realizzazione del nuovo ospedale di Andria e dell’ospedale del nord barese fra Bisceglie e Molfetta. Lo ha reso noto il presidente del gruppo del Partito Democratico nell’assemblea. «La realizzazione dell’ospedale di Andria è un obiettivo che stiamo perseguendo con costanza e mettendo in campo tutti gli sforzi necessari» ha commentato l’esponente dem. Saranno presenti, secondo quanto riferito, l’assessore alla sanità Rocco Palese, il direttore del Dipartimento salute Vito Montanaro, il Direttore Generale dell’Asl Bat Tiziana Dimatteo, il responsabile del procedimento, il Direttore Generale Asset e i Sindaci Angarano (di Bisceglie) e Bruno (di Andria).

    «Quella di lunedì sarà l’occasione per definire, una volta di più e al meglio le procedure e la tempistica di realizzazione di un’opera fondamentale per migliorare l’offerta sanitaria del territorio. A tal proposito, sarà al centro della discussone anche la realizzazione dell’ospedale del nord barese a Bisceglie, un’altra opera importante sul cui iter stiamo prestando la massima attenzione» ha osservato Caracciolo. «L’attenzione della Regione Puglia per queste vicende è massima. Continuiamo a lavorare al fine di superare tutte le criticità e dare alla sanità della Bat la dignità che merita».

  • Vini, Coldiretti esulta per il decreto Lollobrigida: «Salve dal macero 50 milioni di etichette»

    Vini, Coldiretti esulta per il decreto Lollobrigida: «Salve dal macero 50 milioni di etichette»

    Una buona notizia. Francesco Lollobrigida, ministro dell’agricoltura e della sovranità alimentare, ha annunciato il posticipo dell’applicazione della normativa europea sul cambio di etichettatura del vino, permettendo cosi l’utilizzo e l’esaurimento delle etichette già in magazzino.

    «Sono salve cinquanta milioni di etichette per il vino Made in Italy messe a rischio dalle nuove norme Ue» hanno sostenuto da Coldiretti. «La norma, che entra in vigore dall’8 dicembre, impone l’inserimento delle informazioni relative a ingredienti e valori nutrizionali e inizialmente prevedeva che per gli ingredienti fosse utilizzato un codice QR accompagnato dalla lettera “I”. A poche settimane dall’entrata in vigore, la Commissione ha deciso di inserire il termine completo “ingredienti”, condannando di fatto al macero tutte le etichette già stampate dai produttori che si erano organizzati per tempo».

    Un problema subito denunciato dalla Coldiretti a tutela di un settore già colpito dall’impennata del costo del vetro cavo per le bottiglie che hanno fatto segnare un aumento che ha raggiunto il 58% nell’arco di 18 mesi mette a rischio la competitività del vino italiano sul mercato nazionale ed estero dove per la prima volta dopo oltre un decennio sono calate le vendite in valore (-1%). Non a caso l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha avviato un’istruttoria per una presunta intesa restrittiva della concorrenza nella vendita delle bottiglie di vetro.

    «Non si tratta peraltro della prima “grana” – ricordano da Coldiretti –  causata al Vigneto Italia dalle politiche adottate dall’Unione Europea. Si va dalla scelta della Commissione di dare il via libera all’introduzione di etichette allarmistiche sul vino decisa dall’Irlanda alla decisione della Ue di autorizzare nell’ambito delle pratiche enologiche l’eliminazione totale o parziale dell’alcol anche nei vini a denominazione di origine, dalla pratica dello zuccheraggio fino al vino senza uva con l’autorizzazione alla produzione e commercializzazioni di vini ottenuti dalla fermentazione di frutti diversi dall’uva come lamponi e ribes molto diffusi nei Paesi dell’Est». 

    Ma a pesare sono anche i rischi legati alle richieste di riconoscimento di denominazioni che evocano le eccellenze Made in Italy come nel caso del Prosek croato, un vino dolce da dessert tradizionalmente proveniente dalla zona meridionale della Dalmazia, contro la cui domanda di registrazione tra le menzioni tradizionale l’Italia ha fatto ricorso, in virtù del fatto che potrebbe danneggiare il Prosecco.

  • Bisceglie, dibattito politico-amministrativo cercasi

    Bisceglie, dibattito politico-amministrativo cercasi

    Angelantonio Angarano è proprio nato con la camicia. La sua seconda sindacatura è caratterizzata, caso più unico che raro, dalla totale e imbarazzante inesistenza di un’opposizione. L’esito delle elezioni amministrative gli è stato senza dubbio molto favorevole anche in considerazione dell’accordo stretto con la coalizione guidata da Vittorio Fata, divenuto presidente del consiglio comunale.

    La schiacciante maggioranza nell’assemblea elettiva di Palazzo San Domenico (19 componenti su 25) non giustifica, in ogni caso, l’inesorabile scomparsa di qualsiasi forma non per forza di dissenso ma anche soltanto di controllo dell’operato del primo cittadino di Bisceglie e della sua Giunta. L’appiattimento del dibattito politico-amministrativo è tale da impedire anche al giornalismo più attento di effettuare analisi. Merita una riflessione la ridicola pretesa di chi, fingendo di confondere i ruoli, vorrebbe affidare ai mezzi di comunicazione il ruolo di oppositori del potere. Non funziona così.

    Angarano è in luna di miele con se stesso e il suo cerchio magico, più che con una comunità che sembra avergli riaffidato la fiducia per “disperazione” e in assenza di alternative ritenute praticabili. L’unica narrazione reperibile sui social e sugli organi di informazione del territorio (in preda a una pigrizia tanto preoccupante quanto prevedibilissima…) è quella dell’amministrazione comunale. Una città di 56 mila abitanti è in questo momento priva di qualsiasi avamposto contraddittorio nei confronti di coloro che la guidano e le responsabilità sono da ascrivere in tutto e per tutto a quelle forze politiche e sociali che non si riconoscono nello schema dell’attuale maggioranza extra-large. È pur vero che le future scadenze elettorali potrebbero portare sussulti interni: non è difficile immaginare la legittima aspirazione di Angarano di accapparrarsi un seggio in consiglio regionale al fine di proseguire il suo percorso politico. Se pensiamo che in questo intervallo di tempo piuttosto rimarchevole debba toccare a qualche giornalista sostituirsi all’opposizione allora ci sbagliamo di grosso. L’informazione ha il dovere di “scavare i lampascioni” delle situazioni più critiche e dar voce alle istanze dei cittadini, oltre che dei vari gruppi politici, non di opporsi a un’amministrazione schierandosi. Per amore di verità bisognerebbe ricordare anche che non è certo il massimo piegarsi del tutto sull’altro versante riducendosi a ripetitori di “veline”. La qualità del dibattito è scesa abbondantemente sotto il par. Era giusto osservarlo.

  • Dal triplo arbitraggio in B all’arretramento del tiro da tre punti, appunti sparsi sul basket che può cambiare

    Dal triplo arbitraggio in B all’arretramento del tiro da tre punti, appunti sparsi sul basket che può cambiare

    Gli amici che mi rimproverano di scrivere troppo poco di basket sul web, a fronte dell’intenso lavoro quotidiano e delle tante belle chiacchierate, hanno ragione soprattutto quando confrontano la mia “timidezza” ad un quadro generale ben differente.
    È sotto gli occhi del pubblico, e non solo degli addetti ai lavori, il recente proliferare di presunti autoproclamati esperti che pur non essendo giornalisti, e nonostante non abbiano mai giocato né allenato né avuto ruoli dirigenziali, si reputano evidentemente capaci di valutare l’operato di gente, come alcuni allenatori, con 25-30 anni di carriera e diversi successi alle spalle. È l’aspetto più tremendo, dal mio modesto punto di vista, del tracollo generale dell’informazione legata alla palla a spicchi. Lo sport più bello del mondo, qui in Italia, ha smarrito i pochi riferimenti certi nell’ambito della comunicazione e troppo spesso, in assenza di un sano ricambio generazionale, capita di imbattersi in ragazzi la cui buona volontà e il tanto tempo libero non possono giustificare incapacità evidenti e svarioni colossali. Un mix terrificante alimentato dalla ridotta “concorrenza”, dalla clamorosa presunzione di certi soggetti (disposti a qualsiasi cosa, anche a farlo gratis, pur di “lavorare” in ambiti di rilievo) e da un buonismo di facciata che sparisce nei colloqui privati.

    Fatta questa lunga ma doverosa premessa, è giusto concentrarsi sulle modalità da seguire allo scopo di portare un piccolo contributo al miglioramento nella qualità dell’informazione cestistica. Userò questo spazio web e mi auguro di poter in qualche modo servire alla funzione.
    Ho lanciato qualche settimana fa, sulla base delle evidenze emerse nelle partite delle prime giornate, il tema dell’introduzione del triplo arbitraggio anche nel campionato di Serie B Nazionale. Ne ho parlato nella copertina della sesta puntata di InVito a canestro lo scorso 7 novembre, illustrando le ragioni di chi come me sostiene la necessità di ricorrere a questa novità il più presto possibile. Ho appreso dell’esistenza di una richiesta formale che circolerebbe fra le società del terzo livello cestistico italiano al fine di ottenere un numero consistente di sottoscrizioni.

    LINK – La copertina di InVito a canestro del 7 novembre

    Non ho idea di quale piega possa prendere la vicenda nel prossimo futuro.

    Un altro argomento che immagino piuttosto interessante è l’accentuata incidenza del tiro da tre punti sul gioco anche nelle principali competizioni nazionali maschili. Una chiave di volta sempre più frequente nelle letture dell’andamento e nell’analisi degli incontri attraverso le statistiche è rappresentata dalle percentuali dall’arco dei 6.75; fare canestro da fuori è divenuto basilare con il trascorrere del tempo e l’impressione di un “abuso calcolato” diventa netta. Mi riferisco allo scarso utilizzo del post che sembra portare alla graduale “fusione” dei ruoli di ala forte e centro tanto da poter parlare, già in fase di costruzione delle squadre, di una smaccata “rinuncia” a qualsiasi situazione preveda la ricezione del pallone di spalle al canestro. L’insegnamento di alcuni fondamentali sta finendo in soffitta e temo che soltanto un ulteriore arretramento in ambito Fiba del tiro da tre almeno a 7.25 metri potrà evitare la scomparsa definitiva del palleggio arresto e tiro, “creatura” già semisconosciuta e bistrattata oggi. Quanto alla scarse differenze in termini di organizzazione del gioco riscontrate nei principali campionati, ha preso il sopravvento la tendenza a privilegiare sistemi nei quali il “libero arbitrio” degli interpreti è facilmente sovrapponibile (o confondibile) con l’impossibilità di eseguire in attacco a causa della ridotta versatilità tattica dei giocatori. L’atletismo ha soppiantato la capacità di lettura delle situazioni al punto che un grande saltatore o corridore può stare in campo benché non sia in grado di giocare senza palla (i moderni dicono “spaziarsi” ma a me non piace), portare un blocco nei tempi opportuni e con l’angolo giusto, “leggere” una doppia uscita… Il basket è cambiato, si trasforma di continuo e questo non è per forza un male. L’auspicio di chi se ne è innamorato in tempi andati è che la componente cerebrale, l’astuzia, la scaltrezza, l’intelligenza continuino a giocare un ruolo nell’evoluzione futura della disciplina.

  • Il timore dell’emulazione

    Il timore dell’emulazione

    L’omicidio di una donna di 42 anni, assassinata dal marito davanti ai figli minori della coppia in un’abitazione di Andria, ha avvicinato di colpo il territorio al dramma di una recrudescenza violenta senza precedenti che attanaglia l’Italia e purtroppo non sembra placarsi. I media, in queste ultime due settimane, hanno concentrato l’attenzione su questo tipo di avvenimenti di cronaca intercettando – com’è giusto che sia – l’esigenza di maggiori informazioni da parte del pubblico. Tralasciando gli sconfinamenti nell’inopportuno e nel macabro che pure si sono verificati nel corso dell’ossessiva ricerca di dettagli nella vicenda dell’assassinio di Giulia Cecchettin, è evidente come il sistema della comunicazione abbia risposto ad un bisogno espresso dagli utenti. Capita spesso, nelle cicliche concentrazioni di notizie rispetto ad un argomento, di imbattersi in considerazioni a proposito della reale portata dei fenomeni posti sotto i riflettori. Nelle fattispecie dei casi di cronaca, per esempio, ci si può chiedere se dare “troppo” spazio al racconto possa addirittura esporre al rischio di un incremento dei comportamenti scorretti: è il classico timore dell’emulazione, un dubbio che pervade soprattutto chi fa del buon giornalismo. Stabilire un confine, una “linea immaginaria” della quantità di dati, pagine, articoli sufficienti a scongiurare un tale pericolo è veramente molto complicato. Le marce, gli appelli, le iniziative di sensibilizzazione finiscono per essere frustrati, puntualmente, dall’episodio successivo di una strage che pare non aver mai termine. Martedì pomeriggio ci siamo ritrovati a fare improvvisamente i conti con una di quelle notizie che in queste ultime tre settimane avevamo soltanto visto descrivere. Ho seguito con particolare attenzione la copertura fornita al caso Cecchettin, fin dal giorno in cui è stato lanciato l’allarme per la scomparsa, da parte dei colleghi delle emittenti televisive e dei giornali del Veneto, in particolare “Il Gazzettino” e “La tribuna di Treviso”. Ho notato il repentino cambio di paradigma dal momento nel quale sono cominciate ad emergere i sospetti su colui che ha poi confessato il delitto e più in generale una minuziosa attività di ricostruzione, fin nei particolari, del rapporto tra vittima e carnefice.
    L’omicidio di Vincenza Angrisano ad Andria è maturato in un contesto differente nel quale tuttavia s’incardinano elementi riccorrenti: la banalità del male, la ferocia inaudita, la propensione ad agire violentemente con estrema facilità in situazioni di contrasto su discussioni finanche futili. Un senso di diffusa insicurezza e latente prevaricazione che penalizza le donne e ne rende sempre più difficile la vita quotidiana. Il timore dell’emulazione è frutto di quell’inevitabile constatazione sulla continua “scoperta” di nuovi crimini che i giornalisti effettuano informando ma la soluzione non è certo imporre censure, come si è sempre fatto per i casi di cronaca sotto le dittature. I mezzi di informazione fanno il loro, salvo alcuni deprecabili esempi di becero sensazionalismo: bisogna chiedersi, al netto della maggiore attenzione che ci stiamo mettendo in queste settimane e del risalto che decidiamo di dare a situazioni analoghe, quante menti vulnerabili possano sentirsi incredibilmente “affascinate” dalla possibilità di diventare i nuovi mostri da sbattere in prima pagina. Le risposte competono soprattutto al campo della psicologia.

  • “Volevo solo fare la calciatrice”: Alice Pignagnoli tocca i tasti giusti con la storia di un’ambizione sana e di una passione pura

    “Volevo solo fare la calciatrice”: Alice Pignagnoli tocca i tasti giusti con la storia di un’ambizione sana e di una passione pura

    Ho scelto volutamente di prendermi qualche giorno in più proprio per comprendere meglio cosa sarebbe rimasto, nella mente e nel cuore, delle intense ore piacevolmente trascorse insieme ad Alice Pignagnoli. Averla conosciuta è stato un onore e ha rappresentato innegabilmente un momento significativo di riflessione, crescita personale e motivazionale.

    L’atleta reggiana ha raggiunto Bisceglie giovedì 16 novembre su invito di Maria Rita Gentile, eletta da poche settimane alla presidenza della sezione cittadina della Fidapa (federazione italiana donne arti professioni affari). Pochissimi istanti sono stati sufficienti a cogliere il senso profondo di quanto mi aveva già lasciato la lettura di “Volevo solo fare la calciatrice”, il racconto autobiografico di un’esistenza contrassegnata dalla tenacia, dalla forza di volontà, dalla capacità di credere sempre in sé stessi.

    La storia di Alice Pignagnoli, divenuta nota al grande pubblico per il clamore suscitato dal rientro in campo ad appena 100 giorni dal parto cesareo e, in seguito, a causa del mancato rinnovo contrattuale alla notizia della sua seconda gravidanza, è la cifra perfetta dell’attuale condizione dello sport al femminile in Italia. La massiccia partecipazione di pubblico all’evento che si è svolto nelle Vecchie Segherie Mastrototaro ha assunto un valore notevole, specie in considerazione dei numerosi interventi, delle domande rivolte all’ospite, dell’eterogeneità di una platea molto attenta e sensibile ai temi toccati, del non trascurabile successo riscontrato anche attraverso le vendite del libro, che consiglio a tutti di acquistare e leggere. Una conversazione che ho provato a condurre nella consapevolezza della necessità di “raggiungere” le giovani calcettiste del New Bisceglie Girls come i tecnici più navigati, le donne più attive nell’associazionismo e nel sociale e al tempo stesso la platea degli appassionati.

    Dialogare di diritti, conquiste ed esempi di emancipazione femminile non può che far bene all’esigenza di tramutare quelle che sembrano eccezioni in normalità. Ecco perché ritengo sia importante utilizzare occasioni propizie per elevare il livello del dibattito, abbandonando il cliché delle “semplici” rivendicazioni (legittime, sia chiaro) e portare la discussione sui piani della concretezza. Dovrebbero comprenderlo, in particolare, coloro che si occupano di promuovere l’immagine della donna: c’è bisogno di passare ad un linguaggio nuovo, e non mi riferisco alla declinazione di qualsiasi termine al femminile.

    Un linguaggio nuovo nei rapporti intergenerazionali e un approccio emotivo più realistico al confronto con la società di oggi, intriso di parole chiare e capacità di confronto. L’ennesima conferma l’abbiamo avuta la mattina di venerdì 17 nel corso dei dibattiti organizzati negli auditorium dell’istituto “Sergio Cosmai” e del liceo “Leonardo da Vinci” di Bisceglie, toccando argomenti diversi e cercando di imbeccare la curiosità degli studenti. Conquistare l’attenzione e la fiducia di un/una sedicenne non è facile senza partire dal presupposto di doversi calare nei panni dei ragazzi.

    Tante sono state le domande rivolte ad Alice Pignagnoli durante quei due incontri, tantissime quelle alle quali la calciatrice si è trovata a rispondere in direct sui social, niente affatto sorpresa dalla circostanza. «Vito, fanno così» mi ha confidato, spiegando che le capita spesso di ricevere richieste di contatto e interrogativi in quella modalità. Siamo una società di stigmi e paradossi, nella quale un adolescente evita di porre un quesito ad un adulto mentre è davanti ai suoi coetanei perché persino fare le domande pare essere divenuto “da sfigati”. Rendere quelle occasioni più frequenti e, in generale, cambiare il paradigma degli appuntamenti pubblici evitando che finiscano con il parlarsi addosso e in modo vuoto è compito delle associazioni e di coloro che sono chiamati a gestire le discussioni.

    Alice Pignagnoli ha definito con l’espressione “sogni conformabili” le aspettative “classiche” di realizzazione della donna in Italia. Cominciamo tutti quanti ad abbandonare i linguaggi conformabili gli atteggiamenti conformabili, gli sguardi “snob” e mettiamoci a confronto con quello che c’è là fuori, come fa da sempre la calciatrice emiliana alla quale non basterà il più sincero dei “grazie” per dare atto di quello che ha saputo trasmettere, tanto che l’augurio è piuttosto un “a presto” per tornare sul territorio a raccontare il suo vissuto personale.

    Foto di Patrizia Bruno

  • Basket, mestiere ed entusiasmo i “segreti” della Virtus Molfetta unica imbattuta in B Interregionale

    Basket, mestiere ed entusiasmo i “segreti” della Virtus Molfetta unica imbattuta in B Interregionale

    Elogiare la Virtus Molfetta, meritatamente al comando del girone G di Serie B Interregionale, equivale a scavare nei ricordi del cuore più dolci. Coach Sergio Carolillo in panchina, coach (lo chiamerò sempre così) Vincenzo Mazzilli in un ruolo dirigenziale di spessore e il presidente Andrea Bellifemmine sono persone che mi hanno letteralmente visto crescere. Correre il rischio di risultare agiografico, tuttavia, è doveroso nel caso di questa realtà che ha impatto il quarto campionato del basket italiano nel migliore dei modi, centrando nove successi su altrettanti incontri. Il segreto, dalla mia modesta prospettiva, è nell’indovinato mix fra il mestiere, ovvero l’esperienza delle architravi del club e il sano entusiasmo costruito intorno alla squadra. Certo, in campo bisogna pur sempre andarci e misurarsi contro gli avversari ma è l’ambiente il vero fattore in più di questa Virtus Molfetta.
    Il lavoro avviato tenacemente da Mazzilli nella ricostruzione dalle fondamenta di un movimento di base, fin dal minibasket, inizia a mostrare i suoi frutti anche con le presenze al palazzetto e al fianco di un allenatore navigato come Carolillo c’è Guido Vittorio, un tecnico di sicuro avvenire. Bellifemmine ha saputo pescare nel mercato dei giocatori non formati scegliendo il lungo spagnolo Jon Aramburu, che rende un lusso il poter contare su quell’autentico crack per la categoria rappresentato da Georgi Sirakov, finora quasi immarcabile. Le loro qualità si coniugano perfettamente con la leadership silenziosa del playmaker Andrea Calisi e la duttilità di Marco Formica e Davide Paglia. L’enigma tattico, per gli avversari, è Fabio Stefanini, un’ala muscolare che in B Interregionale è davvero merce rara.

    Vincere il campionato non sarà semplice soprattutto in considerazione della formula cervellotica e se si volesse individuare un intervento aggiuntivo da compiere bisognerebbe immaginare l’inserimento di un altro lungo, magari di un pivot di ruolo e stazza per aprirsi alla prospettiva di quintetti ultra-fisici con Aramburu in ala forte e Stefanini in ala piccola. La Virtus Molfetta ha tutto il necessario per giocarsi fino in fondo le sue chances di promozione in B Nazionale: società abituata a tornei di levatura superiore, staff di prim’ordine (non va dimenticato l’ottimo preparatore fisico De Gennaro), squadra di livello con tanti giocatori in grado di reggere la pressione e pubblico sugli spalti in crescita costante.

    Domenica 26 novembre, nella gara contro Angri al PalaPoli, i biancazzurri andranno a caccia del decimo successo consecutivo e soprattutto di punti pesantissimi, se si tiene conto che nella seconda fase si accederà con il bottino acquisito nei confronti diretti con le altre formazioni della stessa fascia di classifica (quindi dalla prima alla quarta, dalla quinta all’ottava e dalla nona alla dodicesima). Nessun obiettivo è precluso ad una Virtus Molfetta che sembra poter rivivere i fasti dei bei tempi.

    Foto di Donato Volpe

  • Andria, 17enne denunciato per violenza sessuale ai danni di una bambina di 10 anni

    Andria, 17enne denunciato per violenza sessuale ai danni di una bambina di 10 anni

    È stato individuato, identificato e denunciato alla Procura del tribunale dei minorenni di Bari con l’accusa di violenza sessuale aggravata. Ha 17 anni, è andriese e secondo gli indizi raccolti dagli agenti della squadra mobile della Bat avrebbe adescato una bambina di appena 10 anni. Una donna, conoscente della madre della piccola, l’ha informata dell’accaduto: un ragazzo, a bordo di una bici elettrica, ha approcciato la bimba chiedendole di “giocare al dottore” e cominciando a toccarle le parti intime.

    L’intervento della donna e le urla rivolte nei confronti del 17enne hanno scongiurato che le molestie proseguissero al punto da indurre il giovane a risalire a bordo del mezzo elettrico e allontanarsi. La Polizia è riuscita a risalire al presunto responsabile, accertando come fosse già noto nel quartiere per episodi molto simili. I testimoni oculari hanno riconosciuto il ragazzo, per il quale è scattato il deferimento.